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Aprire alle Ogm. No grazie.

Un ampio fronte di Associazioni ambientaliste, organizzazioni dell’agricoltura biologica e contadina ribadiscono che introdurre nuovi e vecchi OGM e cancellare i diritti dei contadini sulle sementi sarebbe un suicidio per il Made in Italy

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Nella riunione del 22 dicembre, la Commissione agricoltura della Camera dovrà dare il proprio parere su 4 decreti proposti dalla Ministra dell’agricoltura, Teresa Bellanova, che con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, aprendo la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e dei cosiddetti “nuovi” OGM (New Breeding Techniques – NBT), che la Corte di giustizia europea, con una sentenza esecutiva del 2018, ha equiparato agli OGM tradizionali. Senza un confronto pubblico con le organizzazioni contadine, con le associazioni dell’agricoltura biologica né con quelle ambientaliste, ma probabilmente solo con le organizzazioni professionali agricole che sono anche proprietarie di imprese sementiere, il MIPAAF chiede alla Commissione parlamentare un parere positivo sui 4 decreti legislativi relativi al Servizio fitosanitario nazionale, alla riorganizzazione del settore delle sementi, dei materiali di moltiplicazione dei fruttiferi, delle ortive e della vite. È noto a tutti che, relativamente alla riorganizzazione del sistema sementiero nazionale, non c’è nessuna necessità di adeguamento a norme europee poiché queste non sono state ancora modificate, come sostiene invece il nostro Ministero dell’agricoltura.

I decreti non solo tentano di introdurre gli OGM, “vecchi” e “nuovi”, nel nostro Paese, ma cancellano anche diritti fondamentali degli agricoltori come quelli dello scambio di sementi e della risemina  – diritti codificati dalla Legge 6 aprile 2004, n. 101 – “Ratifica ed esecuzione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, con Appendici, adottato dalla trentunesima riunione della Conferenza della FAO a Roma il 3 novembre 2001“. Una decisione che verrebbe presa in occasione della ricorrenza del secondo anniversario dell’adozione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali. Le associazioni evidenziano che, mentre si dichiara che “l’obiettivo è contrastare il rischio crescente di introduzione nel territorio dell’unione europea di organismi nocivi, tali da minacciare seriamente i nostri sistemi produttivi agricoli con ripercussioni negative sulla qualità e i prezzi delle nostre derrate alimentari”, cosa giusta e condivisibile, di fatto si vuole aprire la strada ad un pericolo ben più grande rappresentato dai nuovi OGM, che certamente non sono lo strumento utile a difendere tipicità, tradizione e territorialità delle nostre produzioni, ma anzi servono a prolungare l’esistenza di quell’agricoltura a monocoltura intensiva insostenibile e sempre più dipendente dalla chimica che di fatto minaccia sempre di più la biodiversità, l’ambiente, la salute e la sopravvivenza della tradizione agricola italiana. I “nuovi” OGM sono ancora più insidiosi dei “vecchi”, poiché con le nuove tecniche di ingegneria genetica si possono modificare di fatto la grande maggioranza di specie di interesse agrario quali le ortive come il pomodoro, i fruttiferi come il melo o la vite e quelle di interesse forestale.

La presenza dei nuovi OGM in pieno campo sarebbe devastante non solo per la biodiversità ma anche economicamente. Le associazioni chiedono quale sarà la sorte della crescente produzione biologica, che in Italia vale oltre 4,3 miliardi di euro o dei prodotti a marchio DOP, IGP, STG, che valgono oltre 16 miliardi di euro, tutti rigorosamente “OGM free”? Quesito rivolto anche alle Regioni che hanno espresso parere favorevole ai decreti durante la seduta della Conferenza Stato-Regioni dello scorso 17 dicembre, nonostante aderiscono alla rete europea delle Regioni OGM-free.

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