GROSSETO. Prima di scrivere questo articolo il mio dilemma più grande è stato come intitolarlo. Convivenza o sopportazione? Nel mio dubbio c’è tutto il momento che sta vivendo il rapporto tra il presidente della squadra di calcio della città e i suoi stessi tifosi.
Un rapporto che si è deteriorato nel tempo e con gli anni e che solamente negli ultimi giorni è precipitato notevolmente.
Dove sta la ragione o le verità? Difficile da dirlo. Partiamo da un punto fondamentale: Camilli è un imprenditore che fa e farà i suoi interessi e nel venire a Grosseto è stato spinto da tanta passione ed amore, ma anche da altre motivazioni, come è giusto che sia e come lo è per tutti i proprietari di squadre di calcio.
La proprietà stessa ha incontrato nell’arco degli anni disponibilità delle istituzioni pubbliche, vedi Comune e Provincia che hanno concesso gratuitamente, anzi a carico dei cittadini, l’uso dello stadio con manutenzione annessa o sponsorizzato con importanti contributi.
E come non dimenticare la Banca della Maremma, che da sempre è stato un partner ideale e perfetto per il patron unionista?
E in cambio cosa c’è stato dato? Tredici splendidi anni culminati con quella maledetta semifinale play off in cui c’è stato rubato un sogno, un grandissimo sogno, quello della Serie A.
Quello è stato il punto più alto dell’amore tra Camilli e la città; poi le cose si sono deteriorate e logorate con il passare degli anni, proprio come può succedere anche alle più grandi storie d’amore.
E adesso siamo arrivati ai saluti finali. È inutile negarlo e lo ha ripetuto più volte lo stesso presidente unionista: <<A fine anno lascio Grosseto>>.
In pratica, Camilli rimane un altro anno, non per amore o per passione, è inutile raccontarsi le favole, ma soprattutto per passare ad incassare il denaro che dovrà arrivare tra i contributi della Lega (paracadute per la retrocessione) e svuotare la scatola Grosseto con le cessioni dei giocatori più importanti e che hanno più mercato.
E Grosseto città, adesso, cosa farà? Ha un’occasione importante; ha un anno di tempo per organizzarsi e trovare magari un acquirente. Non che non ce ne siano già stati che hanno bussato alla porta di Camilli, che però, al momento, come è logico, non ha interesse a cedere la società, almeno che un “pazzo” offra una cifra maggiore a quella che il numero uno dei biancorossi deve riscuotere nell’arco della stagione.
Grosseto avrà così la possibilità di costruire quanto non è stato fatto volutamente da Camilli per propria scelta , partendo proprio dal settore giovanile che potrebbe rappresentare nel futuro un importante serbatoio per la prima squadra e magari coniugando il binomio squadra-città, che al momento è praticamente quasi inesistente.
Cosa augurarsi adesso? Che passi quanto prima e nel miglior dei modi possibile questo benedetto anno di transizione con il reciproco rispetto delle parti, senza offese o senza lanciarsi accuse.
Camilli a più riprese nell’arco dei tredici anni è passato sopra tutto e tutti, in alcuni casi alle istituzioni, agli imprenditori locali, ai giornalisti, ai tifosi non presenti allo stadio e chi più ne ha ne metta.
Quindi adesso attaccare Camilli per frase, stemmi e loghi, seppur sacri per una città e una tifoseria, può sembrare aleatorio. Non dimentichiamoci lo ha sempre fatto e con “bordate” non da poco conto sul capoluogo maremmano, ma forse in quei momenti era più facile sognare e seguire senza se e senza ma il proprio presidente, facendosi calpestare anche la propria dignità in nome del Comandante.
Diciamoci la verità in faccia: questo è quello che è accaduto per vari motivi e fattori. Vi faccio una domanda: perché a Pisa non è successo? Forse perché nella città della Torre pendente ha trovato terreno più “ostile” e meno malleabile in minima parte dalle istituzioni e dall’altra dei tifosi che alla prima “alzata” di voce hanno risposto, mentre a Grosseto si sono allineati.
Questo è ciò che è accaduto. I vecchi Ultras, che erano il cuore della Curva Nord, che purtroppo non c’è più, hanno mollato completamente nell’arco degli anni allontanandosi per vari motivi, vedi tessera del tifoso, e ha preso campo il tifo da salotto, ma non quello di casa, piuttosto direi quello ottocentesco.
Quello quasi aristocratico, dove era più bello andare a cena o essere amico di giocatori (che poi tutti sappiamo cosa hanno fatto con il Calcioscommesse) o avere una pacca da Piero Camilli che stare attenti a difendere il proprio stemma o la propria città.
Non mi sembra che i capi della Fossa dei Leoni a Milano vadano a cena ad esempio con Galliani o Berlusoni…
E adesso cosa ci rimane? Un anno di “sopportata-convivenza”, passatemi il termine, dove entrambe le parti dovranno andare avanti nel miglior modo possibile, evitando di scontrarsi, forse solo così sarà meno amaro o dolce (decidete voi) l’addio di Piero Camilli.
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