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Calcio

Batazzi: il calcio è passione e partecipazione

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Si conclude questa settimana il nostro viaggio nel passato dell’Unione Sportiva Grosseto con l’intervista a Paolo Batazzi (1979) calciatore biancorosso negli anni della presidenza Moretti in Eccellenza e in serie D. Le interviste riprenderanno a settembre dopo la pausa estiva.

Hai esordito nel 1997 con la maglia del Grosseto.

<<Era un momento di entusiasmo e di passione, lo ricordo con piacere. Il mio esordio in campionato fu alla prima giornata contro il Fucecchio, pareggiammo 2-2 e per me fu un momento che diede il via ad un’esperienza che considero positiva. Avevo già giocato in Coppa Italia in trasferta contro la Neania, ma per le statistiche il mio debutto vero rimane quello a Fucecchio. Avemmo una partenza difficile, ma con pazienza e forza di volontà il gruppo riuscì a dimostrare il proprio valore sulla lunga distanza.>>

In questo ebbe un ruolo importante anche il tecnico Marco Cacitti.

<<Il mister ha dimostrato anche negli anni successivi il proprio valore. Quell’anno seppe mantenere la barra diritta riuscendo a tenere coeso il gruppo. Gli ho sempre riconosciuto una dote: essendo stato un uomo di campo sapeva dare consigli sia ai giocatori più esperti che a noi ragazzi più giovani facendo sentire tutti coinvolti. Cacitti è stata una pedina importante nello scacchiere che ci ha permesso di salire in serie D quell’anno.>>

In quel periodo c’erano molti giovani grossetani nella rosa del Grifone.

<<Eravamo un bel gruppo di giovani. C’ero io, ma anche Matteo Franchi, Cristiano Cipolloni, Federico Magini, Gigi Ambrosio, senza dimenticare Mirko Pieri ed anche i vari Favetta, Meconcelli e gli altri che disputarono meno partite come Scali e Righetti. Quello fu un periodo felice per il vivaio unionista, con molti ragazzi di valore nati tra il 1978 ed il 1980: non tutti poi hanno fatto strada, ma questo è normale e non cambia il mio pensiero su quel gruppo di giovani.>>

Tuttora sei in piena attività e non hai appeso le scarpe al chiodo.

<<Milito nel Fonteblanda e quest’anno ho giocato contro Cipolloni e Franchi che indossano i colori del Roselle. La passione tuttora è forte e mi fa piacere stare ancora sul campo. Oltre a questo, do una mano a livello tecnico ai Giovani Calciatori che si allenano al Campo Zauli: si tratta di ragazzi nati tra il 2004 ed il 2007 e cerco di insegnare loro i valori dello sport. Lealtà e correttezza sono importanti ed è altrettanto importante che chi ha giocato a lungo trasmetta tutto questo ai giovani di adesso. Non tutte le ciambelle riescono con il buco, come si suol dire, ma nel mio piccolo cerco di trasmettere certi valori ai ragazzi indipendentemente dal fatto che possano emergere sul piano tecnico o meno in futuro.>>

A fine giugno 1998, imbeccato da un tuo assist, Stefano Ferri mise a segno la rete decisiva contro il Renato Curi che valse il ritorno in serie D del Grosseto.

<<Nel corso degli anni mi è capitato di rievocare quella partita con alcuni sportivi. Con una punta di orgoglio ti confesso che da tifoso del Grosseto fu bello ritrovarmi ad indossare i colori biancorossi ed effettuare l’assist di quella rete decisiva. Passai la palla a Ferri e fu bravissimo a trafiggere la porta del Renato Curi. Quella fu una annata eccezionale per lui: averlo in squadra era un lusso per quella categoria. Quell’incontro lo ricordo con piacere: eravamo a fine giugno, faceva caldo e ricordo bene l’abbraccio collettivo in mezzo al campo con tutta la città. Il calcio dovrebbe essere questo; al di là del business il calcio è passione e partecipazione.>>

Oggi l’entusiasmo intorno al Grosseto sembra piuttosto raffreddato.

<<Dispiace vedere questo raffreddamento di entusiasmo. Ho l’impressione che il Grosseto sia seguito meno adesso di allora e credo che questo calo di interesse sia dovuto anche al fatto che oggi pochi grossetani giocano nel Grosseto. Ai miei tempi l’ossatura era maremmana e forse anche i tifosi sentivano più come propria la squadra rispetto a quanto avviene adesso. Sono piccolezze, ma certe cose ai tifosi fanno piacere.>>

In quegli anni la squadra era in crescita.

<<Dopo l’Eccellenza salimmo in serie D ed iniziammo ad affrontare squadre più attrezzate sul piano tecnico e trasferte impegnative come quelle in Sardegna con l’aereo. Di fatto, era un dilettantismo già votato al professionismo della serie C2.>>

Dopo due anni e mezzo hai lasciato il Grosseto.

<<Per scelta personale e motivi di studio a metà del terzo anno lasciai il Grosseto per andare ad Orbetello. Successivamente sono rimasto fermo per motivi burocratici per un anno ed ho ripreso a giocare poi con Albinia, San Donato, Marina di Grosseto, Castiglionese. Ora sono a Fonteblanda. Nella mia carriera mi sono tolto delle belle soddisfazioni, non sono sceso di categoria per “svernare”. Ci tengo a dire che anche a questi livelli si tratta di calcio vero e non improvvisato. In certe categorie conta la passione ed è proprio questo a farmi continuare a scendere in campo.>>

In pochi forse lo ricordano, ma sei figlio d’arte.

<<Quello che ho fatto con il Grosseto mi riempie di orgoglio e questo viene amplificato anche dal fatto che anche mio padre ha indossato i colori unionisti. È come se fosse un granello che è germogliato, visto che io ci ho giocato più a lungo del mio babbo. C’è da dire che nella mia famiglia si è sempre respirato lo sport: avrei potuto anche provare altre discipline e mio padre sarebbe stato ugualmente contento della mia scelta.>>

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