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Calcio

Ambrosio: “Certe atmosfere allo stadio non cambieranno mai”

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Luigi Ambrosio (1980) ha indossato i colori dell’Unione Sportiva Grosseto dal 1996 al 1999 contribuendo alla risalita biancorossa dalla Promozione al Cnd e diventando uno dei giovani più amati in quella squadra che cominciava a risalire la china dopo la nefasta presidenza di Ennio Anzidei conclusa nella maniera peggiore nell’estate 1995.

Sei grossetano, ma al Grifone approdasti da lontano.

<<Quando arrivai al Grosseto tornavo da Bergamo, dove avevo fatto gli Allievi, e da Siena, che militava nel girone B di Serie C1, dove avevo militato un anno ancora con gli Allievi . Con me all’Atalanta c’era Fausto Rossini, che tutti conoscono giustamente, e con cui ho condiviso non il campo perché è nato due anni prima di me, ma la vita da “forestiero” ed anche da studente e promessa…io mancata, lui no. Ho un gran bel ricordo di quell’esperienza, non ho un particolare rammarico. È giusto così: non ho avuto il carattere per fare quel salto>>.

Il tuo esordio a Grosseto risale al 1996-97 nel campionato di Promozione. In quella squadra c’erano molti grossetani, ma anche vecchie volpi provenienti da categoria superiore come Lagordi, Giannelli o Mucciarelli.

<<Nel 1996 tornai a Grosseto, dove avevo già giocato nelle giovanili dell’Invicta. Mi aggregai alla Juniores allenata da Ciccio Fommei e, saltuariamente, alla prima squadra allenata da Marco Cacitti. Feci l’esordio in Promozione a 16 anni compiuti da poco. Era il 13 ottobre 1996, entrai al posto di Mucciarelli. Quell’anno siglai una rete all’esordio in casa il 15 dicembre contro lo Staggia. La partita finì 5-1 e segnai al 93° minuto. C’erano i miei amici in curva, sui gradoni con l’erba ed il fango. A raccontarlo sembrano passati cento anni, ma come ho goduto!>>.

Quella era una buonissima squadra.

<<Quell’anno la squadra, lo stadio e l’ambiente erano superiori a tutto il resto del girone. Di quella stagione voglio mettere in evidenza grandi giocatori come Giannelli, ma soprattutto le molte reti del bomber maremmano Yuri Magnani. Ci sarebbero mille aneddoti da raccontare, a partire dalla trasmissione su Telemaremma in cui il tifoso Renzo Bellini non le mandò a dire al direttore sportivo della Volterrana. Io avevo sedici anni e vivevo tutto con la mente sgombra, ma con un grande amore per la maglia>>.

Nel 1997-98 in Eccellenza arrivarono Michele Valvani e Claudio Perini.

<<L’anno di Eccellenza per me fu brutto perché, dopo aver totalizzato cinque presenze, a novembre mi ruppi il crociato e restai ai margini per tutto il resto della stagione. Peccato, perché con la partenza di Magnani ero una delle prime scelte come riserva. Peraltro, penso che la partenza di Magnani fu un errore. È vero: quell’anno in squadra c’erano pedine come Valvani e Perini, ma come non citare Pieri o Bogi?>>.

La stagione si concluse con gli spareggi con San Quirico e Renato Curi, la squadra in cui militava Fabio Grosso.

<<Più che Fabio Grosso, di quegli spareggi ho ancora in mente la serie di dribbling che Stefano Ferri fece a Cresti del San Quirico, con cui poi ho giocato nella stagione 1999-2000 proprio nella compagine senese. In quella partita Ferri mando Cresti fuori in tutti i sensi>>.

Il 1998-99 fu il tuo terzo ed ultimo anno in biancorosso, in serie D. Il Grosseto arrivò terzo dietro a Castelnuovo Garfagnana e Latina.

<<Quella è stata la mia più bella esperienza calcistica e di vita con 29 presenze e la soddisfazione di quattro gol. Fui il secondo marcatore di squadra, dopo un grandissimo Meacci. Contro il Latina in casa presi io il rigore che capitan Bindi trasformò sotto la Nord: sono momenti ed emozioni che nessuno mi potrà mai togliere…Che gioia! Ricordo bene anche la sfida con il Castelnuovo al ritorno, fu mio l’iniziale 1-0 sotto la Nord su passaggio di Lagordi, ed aggiungo la trasferta di Latina in cui, a fine gara, ci attesero con le scarpe chiodate in mano nell’atrio che divideva gli spogliatoi. La Polizia che ci scortò dallo stadio fino all’autostrada. Che paura!>>.

C’è un gol a cui sei più affezionato?

<<Forse il mio gol più incredibile fu il pareggio a Ladispoli su un campo sperimentale senza recinzioni, con i supporter venuti da Grosseto che entrarono in campo per abbracciarmi. Gli altoparlanti ad inizio gara avevano avvertito: <<Si pregano i sostenitori di non invadere il terreno di gioco>>. Ricordo bene quella rete: punizione del grande mancino di Michele Valvani, il portiere non trattenne e io mi feci trovare pronto. Mi tolsi la maglia e corsi verso i tifosi. Oggi qualcuno di quei tifosi non c’è più: penso al Befa e a Rubens, il figlio del mister Cacitti…anche lui entrò in campo a Ladispoli…>>.

Quali pensi siano stati i tuoi compagni di squadra più forti?

<<A tutti i miei compagni devo qualcosa e non vorrei far nomi. A qualcuno è mancata la fortuna, altri l’hanno avuta. Credo che Stefano Ferri, nella sua discontinuità, sia stato il giocatore più forte con cui mi sono allenato e non solo giocato. Per me, Ferri è stato di un’altra categoria. Ricordo ancora che alla sua prima di rientro con il Grosseto, a Forte dei Marmi, i nostri ultras gli dedicarono un “Giuda ternano”. Dopo la sua doppietta al 92° minuto entrai al suo posto, lo abbracciai lo ringraziai con timidezza ed orgoglio. Sani lo definisco una bandiera, Bogi un portento, Franchi una promessa non fatta sbocciare: poteva diventare un leader. Non è un caso, infine, che Pieri abbia fatto la carriera che ha fatto>>.

Manca poco a Natale: cosa auguri al Grosseto ed ai suoi tifosi?

<<Un augurio non saprei, perché i tempi miei sono troppo differenti da quelli del Grosseto di oggi. Penso che questa sia una piazza molto bella, che si esalta e può fare numeri importanti, ma anche molto critica e difficile. Il calcio è cambiato tanto e credo che sia stato più opportuno per il mio carattere vivere quegli anni, piuttosto che quelli odierni>>.

Cosa ha significato per te aver indossato la maglia biancorossa?

<<Per me ha significato tutto. In ambito calcistico è stato il momento più alto, nonostante abbia svolto la trafila delle giovanili in squadre professionistiche. Anche se non frequento lo stadio da tempo, mi porto nel cuore e nella mente certi suoni, certe atmosfere, che credo restino invariate al Comunale, che nel frattempo è stato dedicato a Carlo Zecchini, dalla serie A fino alla Terza Categoria nel bene o nel male>>.

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