Categories: Terza Categoria

Aldobrandesca: respinto il reclamo per i 700 euro di ammenda

CAMPIONATO DI TERZA CATEGORIA
33 stagione sportiva 2013/2014 Oggetto: Reclamo dell’Associazione Sportiva Dilettantesca
Aldobrandesca Arcidosso, avverso l’ammenda di € 700,00 (C.U. n. 27 del 19/11/2014).
L’Associazione Sportiva Dilettantesca Aldobrandesca Arcidosso, con rituale e tempestivo gravame,
adiva questa Corte Sportiva d’Appello Territoriale contestando le decisioni del G.S.T., adottate nei
confronti della stessa società, con riferimento a quanto avvenuto nel corso dell’incontro casalingo
disputato, in data 16/11/2014, contro la Società Orbetello Scalo.
Il G.S.T. motivava così la propria decisione: “Per aver, proprio tifoso, acceso due fumogeni
all’ingresso delle squadre sul terreno di giuoco; per offese al D.G., da parte di circa 20 tifosi, reiterate
per tutta la durata della gara; per gravi minacce negli ultimi minuti della gara tali da costringere il
D.G. a chiedere al Dirigente accompagnatore affinché si attivasse per chiamare i Carabinieri che,
all’uscita dallo spogliatoio, scortavano il D.G. fino alla propria macchina mentre alcuni tifosi lo
offendevano. La sanzione tiene conto della fattiva collaborazione della Società”.
La Società non contesta i fatti dedotti in motivazione ma eccepisce di aver posto in essere almeno
tre dei cinque requisiti elencati dall’art. 13 co. 1 del codice di giustizia:
• in relazione al punto “a” la società avrebbe utilizzato, al cancello di ingresso, personale di
controllo per evitare l’introduzione di materiale e avrebbe provveduto inoltre, come da
regolamento, a richiedere l’ordine pubblico per l’evento sportivo;
• in relazione al punto “b” la società avrebbe fattivamente collaborato alle richieste di ausilio
del D.G., avvisando, ancor prima dell’arbitro, le forze dell’ordine del clima che si era venuto a
creare all’interno dello stadio e consentendone la presenza, prima della fine della gara,
all’ingresso degli spogliatoi;
• in relazione al punto “e” avrebbe inviato un proprio rappresentante presso i tifosi per
prevenire ulteriori accensioni di materiali pirotecnici ritirando i fumogeni; un unico tifoso
sarebbe riuscito nell’intento ma sarebbe stato immediatamente allontanato dallo stadio;
• in relazione al punto “e” la società, per quanto nelle sue possibilità, ha fatto ridurre il numero
dei tifosi facinorosi dagli iniziali 20 ai circa 5/6 presenti a fine gara all’uscita dello stadio.
I fumogeni sarebbero poi stati accesi nel momento in cui i giocatori procedevano verso il centro
campo, prima cioè dell’inizio della gara, non causando assolutamente problemi di visibilità o altro
pericolo.
Conclude pertanto chiedendo la riduzione dell’ammenda irrogata.

In merito alla contestazione di cui all’art. 12 C.D.S. comma 3 (“Le società rispondono per la
introduzione o utilizzazione negli impianti sportivi di materiale pirotecnico di qualsiasi genere…”) la
società reclamante non eccepisce nulla concentrando, correttamente, la propria difesa con
riferimento all’art. 13 C.D.S..
La medesima ritiene infatti operante il comma 2 della citata norma che così recita: “La responsabilità
della società per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione dell’articolo 12 è attenuata
se la società prova la sussistenza di alcune delle circostanze elencate nel precedente comma 1.”.
Occorre però sottolineare che la sola introduzione o utilizzazione di materiale pirotecnico all’interno
del campo sportivo viene punita ordinariamente, ai sensi dell’art. 12 comma 6 con la sanzione
minima dell’ammenda di Euro 500,00.

Inoltre tale violazione è stata solo una tra le tante contenute nella parte motiva del G.S.T. che ha
esplicitato il fatto di aver adeguatamente tenuto conto della fattiva opera della società per mitigare
l’ammenda che avrebbe ben potuto attestarsi su valori superiori.
Pur comprendendo, come scritto nel reclamo, che tale sanzione colpisca inevitabilmente “l’economia
di una modesta società di terza categoria impostata sul volontariato e l’autofinanziamento” l’organo
giudicante non può in alcun modo non tenere conto della normativa vigente e della responsabilità
oggettiva sancita dal C.G.S..
Purtroppo i tifosi non possono essere “scelti” dalle società (che avrebbero così modo di distinguere
tra la stragrande maggioranza di coloro che vivono la propria passione all’interno delle regole di
lealtà e correttezza sportiva e coloro che invece, incapaci di mantenere un minimo contegno civile,
fanno degenerare la competizione calcistica in comportamenti illeciti) e le Carte Federali che
onerano le stesse società di vigilare sul regolare svolgimento delle gare.
Pochi individui, specialmente se conosciuti all’interno di realtà sportive locali, dovrebbero essere, se
incapaci di autogestirsi, adeguatamente monitorati dalla dirigenza societaria anche eventualmente
provvedendo a segnalare preventivamente, alle competenti autorità sanitarie o giudiziarie,
comportamenti che potrebbero persino trovare astratta collocazione all’interno di specifiche
disposizioni del codice penale.
E’ evidente che un criterio di progressività (in presenza di una pluralità di condotte illecite) anche alla
luce di una corretta esigenza di parametrazione non consente rideterminazione della sanzione
irrogata.
E’ certamente arduo, in tale quadro, attribuire a quei pochi soggetti violenti la capacità di
comprendere che il loro operato, oltre che essere poco commendevole, ricade inevitabilmente sulla
società e su tutti quei soggetti (calciatori e dirigenti) che con fatica e dedizione fanno di tutto per
onorarla e renderla grande.
P.Q.M.
La Corte Sportiva d’Appello Territoriale, respinge il reclamo ed ordina l’incameramento della relativa Inoltre tale violazione è stata solo una tra le tante contenute nella parte motiva del G.S.T. che ha
esplicitato il fatto di aver adeguatamente tenuto conto della fattiva opera della società per mitigare
l’ammenda che avrebbe ben potuto attestarsi su valori superiori.
Pur comprendendo, come scritto nel reclamo, che tale sanzione colpisca inevitabilmente “l’economia
di una modesta società di terza categoria impostata sul volontariato e l’autofinanziamento” l’organo
giudicante non può in alcun modo non tenere conto della normativa vigente e della responsabilità
oggettiva sancita dal C.G.S..
Purtroppo i tifosi non possono essere “scelti” dalle società (che avrebbero così modo di distinguere
tra la stragrande maggioranza di coloro che vivono la propria passione all’interno delle regole di
lealtà e correttezza sportiva e coloro che invece, incapaci di mantenere un minimo contegno civile,
fanno degenerare la competizione calcistica in comportamenti illeciti) e le Carte Federali che
onerano le stesse società di vigilare sul regolare svolgimento delle gare.
Pochi individui, specialmente se conosciuti all’interno di realtà sportive locali, dovrebbero essere, se
incapaci di autogestirsi, adeguatamente monitorati dalla dirigenza societaria anche eventualmente
provvedendo a segnalare preventivamente, alle competenti autorità sanitarie o giudiziarie,
comportamenti che potrebbero persino trovare astratta collocazione all’interno di specifiche
disposizioni del codice penale.
E’ evidente che un criterio di progressività (in presenza di una pluralità di condotte illecite) anche alla
luce di una corretta esigenza di parametrazione non consente rideterminazione della sanzione
irrogata.
E’ certamente arduo, in tale quadro, attribuire a quei pochi soggetti violenti la capacità di
comprendere che il loro operato, oltre che essere poco commendevole, ricade inevitabilmente sulla
società e su tutti quei soggetti (calciatori e dirigenti) che con fatica e dedizione fanno di tutto per
onorarla e renderla grande.
P.Q.M.
La Corte Sportiva d’Appello Territoriale, respinge il reclamo ed ordina l’incameramento della relativa

Andrea Capitani

Responsabile Terza categoria e Altri sport Email: a.capitani@hotmail.it

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