Grosseto. Abbiamo preso atto del mal di pancia di una parte della tifoseria grossetana, quella più calda e da sempre più vicina alle vicende unioniste, verso l’amministratore unico Antonio Ranucci. Un mal di pancia che verrebbe da lontano, ma che, quasi certamente, è causato da altri soggetti. In fin dei conti, Ranucci non è il proprietario del Grifone ed è chiaro che quando agisce lo fa tenendo conto delle direttive che gli vengono impartite dalla famiglia Camilli. Certo, questo è un momento particolare a livello societario, che crea apprensione nella piazza, ma va riconosciuto a Ranucci di non aver mai dato l’impressione di voler abbandonare la baracca. A Viterbo, ad esempio, il dirigente unionista è un’istituzione proprio per la sua lunga militanza con la Viterbese ed è chiaro che se ci fosse davvero lui dietro l’operazione che ha portato i Camilli nel capoluogo della Tuscia, oggi lo stesso Ranucci sarebbe all’interno della società gialloblù. In questo momento, poi, Ranucci ha sulle spalle un peso non indifferente, ovvero quello di portare avanti il club biancorosso, un peso che schiaccerebbe molti, ma non lui, pronto a sopportare anche qualche coro avverso, perché sa di lavorare duramente, ogni giorno, per le sorti unioniste. A Grosseto se c’è una cosa di cui non abbiamo bisogno è del caos, perché non ci sappiamo convivere. Ecco perché, tenendo conto di quanto esposto, ci e vi domandiamo: ma siamo sicuri che Ranucci meriti di essere contestato?
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