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Non riesce l’impresa al triatleta grossetano Guido Petrucci, costretto al ritiro al “Tor Des Geants” il trial più massacrante al mondo

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Grosseto. Guido Petrucci, ormai ci ha abituato alle imprese sportive estreme. Per il grossetano, partecipare alle competizioni di triathlon, è come andare a fare una passeggiata. Petrucci, da tempo ha deciso di spingersi più in là e ha iniziato a cimentarsi nelle prove al limite della resistenza fisica e mentale, correndo per esempio nel deserto o spingersi in alta montagna con la neve e la pioggia, dormendo pochi minuti per notte. Ma il maremmano si è dovuto arrendere nella gara estrema che ha corso nell’ultima edizione del “Tor des Geants” riconosciuto come il “Trial” più duro al mondo. Bisogna essere dei “pazzi” nel senso buono del termine per partecipare ad una gara lunga 356 chilometri che percorre i sentieri delle Alte Vie 1 e 2 della Val d’Aosta con partenza e arrivo a Courmayeur. L’atleta deve correre fino a 27390 metri di dislivello in una sola tappa a velocità libera e tempo limitato in regime di autosufficienza intorno al Monte Bianco in un tempo massimo di 150 ore. Una competizione in cui ti trovi in condizioni meteo proibitive come vento, freddo, pioggia, neve e ghiaccio alternati a passaggi a quote inferiori dove le condizioni possono essere esattamente opposte per il caldo. L’unica possibilità per chi partecipa è quella di arrivare presto alla base “Vita” distante l’una dall’altra 50 chilometri, che deve essere raggiunta in tempi stabiliti, altrimenti si rischia di rimanere fuori. “ Per tutti questi motivi è indispensabile una eccellente preparazione psico- fisica” spiega Petrucci che aggiunge “ L’abbigliamento e l’attrezzatura sono fondamentali e sottovalutare questo dettaglio può portare a conseguenze estreme, anche letali. Devi essere pronto a gestire, anche se si è isolati, i problemi fisici o psicologici dovuti ad una grande stanchezza, i problemi gastrointestinali, i dolori muscolari o articolari, le piccole ferite o escoriazioni. Sapere affrontare da soli, senza aiuto fisico e psicologico, condizioni climatiche difficili a causa dell’altitudine e delle condizioni meteorologiche. Essere coscienti che il ruolo dell’organizzazione non è quella di aiutare un corridore a gestire i normali problemi che possono insorgere per una corsa in montagna. La sicurezza dipende dalla propria capacità di autogestione in situazioni anche estreme. Devi tenere una media oraria di tre chilometri ora, ma devi tenere conto delle salite e delle discese. Il bello è che non vengono presi più di 750 atleti a fronte di più 5000 richieste. Purtroppo dopo 200 chilometri sono stato costretto al ritiro a causa di un esaurimento fisico dovuto a problemi in quota, visto che si arriva fino a 3300 metri di altitudine. Ho smesso di mangiare e da quel momento non ho più recuperato. Riuscivo a dormire circa 60′ minuti al giorno e poi ripartivo. Eppure mi ero preparato bene, correndo sul monte Amiata e sulle Apuane, giorno e notte. Ho corso gare di avvicinamento in Svizzera e Val d’Aosta, per circa quattro mesi, sempre da solo. A luglio, mi sono iscritto all’Ironman in Spagna nei paesi Baschi. Credo che questa gara abbia compromesso la mia partecipazione al “Tor Des Geants”, forse sono arrivato troppo stanco. Questa è una gara se non sei al cento per cento, sei fuori. Sono stato anche oltre 30′ fermo con i battiti del cuore accelerati. Facevo due passi nella neve e poi mi fermavo. Sono riuscito a raggiungere la base “Vita” e mi sono accasciato stremato, poi ho deciso di ritirarmi. Ma, state sicuri che ci riproverò il prossimo anno” conclude Petrucci Massimo Galletti

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