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Calcio

Il Coronavirus ha spento il sogno notturno del Passalacqua

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Grosseto – Il calcio, cos’era costui? Al netto di qualsiasi interpretazione negativa si voglia dare di questo sport – roba da ricchi, ventidue imbecilli in mutande, tre vestiti di nero, una palla, intorno gente urlante con le sciarpe anche con 30 gradi, quattro bandierine ai vertici del campo e troppe telecamere a spiarlo – il calcio manca, e molto. Manca non solo come sport, manca come rito tribale, manca come l’alba e il tramonto, manca come proseguo di una storia infinita,  come retrogusto alla vita quotidiana. Pensare ai mille e mille campi sparsi tra colline, pianure, montagne, rimasti orfani per tanti giorni viene una malinconia difficile da scacciare. Vedere mille e mille spogliatoi costretti alla profonda solitudine di questi mesi, stringe il cuore, offusca l’anima. Il silenzio piombato  improvviso e nero sul paese avvolge anche il calcio, perché il calcio stesso veste questo paese, lo alimenta, lo fa muovere, perché il pallone è anche industria capace di far girare un indotto che assorbe tantissime persone, di portare il pane su tavole che adesso ne sono prive.

Dire calcio non significa parlare di Ronaldo, di stipendi faraonici – comunque ricordiamoci anche delle trattenute alla fonte che rimpinguano l’erario – di serie A o Coppe, di diritti TV. Calcio significa ben altro, a partire dalla passione di dirigenti e giocatori che guadagnano stipendi umani, dai sacrifici di presidenti guidati da quella misteriosissima, invisibile corrente che si chiama amore. Il binomio calcio – ricchezza funziona per una ristrettissima fetta di società, il resto naviga a vista, il resto vive mese per mese, contratto su contratto, euro su euro, e il futuro è sempre una incognita legata a diecimila fattori non solo sportivi o di merito. Il settore calcio allora merita rispetto e attenzione, alla pari di altri sport che non navigano nell’oro e non sono illuminati dai riflettori dorati della televisione.

Dopo 45 ininterrotte edizioni la coppa Passalacqua si è dovuta fermare. L’intero clan guidato da Francesco Luzzetti ha dovuto arrendersi di fronte al maledetto virus che gira per il mondo. Uno stop doloroso, una sosta non preventivata, uno scoglio insuperabile. L’aspetto che più intristisce è il fatto che i tanti giovani del 2001 non potranno mai scendere in campo per questa prestigiosa coppa. In Maremma il Passalacqua è un punto imprescindibile per chi gioca a calcio, il desiderio segreto, il sogno notturno. Non giocarlo toglie il sorriso, mortifica, è come tagliare le ali alle farfalle, cancellare aspettative. Sopportarlo non sarà facile e mille parole non servono a consolare.
di Giancarlo Mallarini

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Ciao Francesco la tua creatura al momento soffre ma la sua fibra FORTISSIMA farà si che si riprenderà e tornerà più forte che mai un’abbraccio

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