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Calcio

Vinicio Ciacci: “Palazzoli per me era come un fratello maggiore”

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Grosseto. Continua il nostro viaggio nella storia del Grosseto attraverso gli articoli scritti dal compianto nostro giornalista Giulio De Paola.
Oggi vi riproponiamo il ricordo di Nilo Palazzoli dall’ex compagno Vinicio Ciacci. Il pezzo risale all’ottobre 2014.

Vinicio Ciacci (1947) è indubbiamente uno dei simboli della lunga storia del Grosseto. La sua rete a Siena nel 1973 è stata utilizzata come immagine-simbolo del centenario unionista nel 2012, ma sarebbe riduttivo associare il nome di questa storica bandiera grossetana soltanto a quel momento seppur molto importante. Ciacci è molto di più: è un autentico pezzo di storia dell’Unione Sportiva Grosseto.

Ricordi i tuoi esordi in biancorosso?
<<Debuttai nel 1964-65 con mister Dugini in panchina, che venne poi sostituito da Fommei. Quell’anno giocai cinque partite, la prima mi sembra a Rimini, poi ricordo che scesi in campo in casa con il Perugia. In quel Grosseto c’erano Palazzoli, Sicurani, Ore, Zecchini, Pazzi, Natteri, Bonari, Ore, Banci e Trovò. Tutti giocatori che sono rimasti nella memoria collettiva. Nel 1966, poi, passai al Prato e nel 1968 mi trasferii alla Pistoiese>>.

Hai indossato anche la maglia del Bologna in Serie A.
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Sì, ho giocato nel Bologna nel 1969-70 insieme a grandi giocatori come Janich, Perani, Bulgarelli e il portiere Vavassori. Bulgarelli era un’ottima persona, squisito davvero. Il padre di Janich lavorava all’Ente Maremma qui a Grosseto con mio babbo e, quando arrivai a Bologna, mi aspettava a braccia aperte. Mi ritrovai in un ambiente familiare composto da belle persone. Allenatore era Fabbri: un tecnico molto preparato, ma che stava un po’ sulle sue anche con noi giocatori. C’era da capirlo, poiché era reduce dall’esperienza negativa con la nazionale che si era conclusa con la famosa eliminazione ad opera della Corea ai mondiali del 1966. Sulla stampa era emerso che i giocatori in Nazionale avevano remato contro di lui e, probabilmente, questo lo portò ad essere diffidente. Si fidava di pochi. Si può dire che si fidava soltanto dei giocatori più esperti come Bulgarelli, che era il suo pupillo: lo faceva giocare anche quando non stava bene. In quel Bologna c’erano anche Mujesan, Savoldi e Pace. Vincemmo la Coppa Italia e io giocai due partite contro il Varese ed il Torino. Anche in campionato scesi in campo in due occasioni>>.

Con i rossoblù hai disputato anche alcuni match nelle coppe europee.
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Con il Bologna disputai la Coppa delle Coppe e arrivai anche in finale nella Coppa delle Alpi. La prima partita con i felsinei fu proprio in Coppa delle Alpi: giocavo nella Pistoiese e dovevo disputare l’ultima partita a Massa, ma non me la fecero disputare perché mi chiamò il Bologna. Mi misero su un aereo e mi mandarono a Zurigo, dove mi aggregai alla squadra. Giocammo contro squadre straniere ed arrivammo in finale contro il Basilea: perdemmo 2-1 e la rete rossoblù la siglai io>>.

Lasciata Bologna, tornasti in Toscana.
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Il Bologna mi mandò in prestito al Livorno. Arrivai in amaranto durante il mercato di novembre 1970, reduce da un intervento per una verruca. Esordii nel derby Livorno-Pisa: un altro derby caldo del calcio toscano, ma nulla in confronto a quello tra Grosseto e Siena>>.

Sei poi tornato a Grosseto.
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Dopo Livorno sono passato al Parma, poi ho giocato a Grosseto dal 1972 fino al 1979, ritirandomi sotto la presidenza di Amarugi. Dall’inizio dell’anno avevo problemi con la schiena ed a gennaio disputai la mia ultima partita. Andai a farmi visitare ad Orbetello e il medico mi disse che avrei dovuto operarmi per continuare a giocare, ma preferii ritirarmi. Per una vita normale non sarebbe stato necessario l’intervento e fu così che smisi con il calcio. Ero a fine corsa, al massimo avrei potuto continuare un altro paio d’anni, e fu così che terminò la mia carriera>>.

Cosa ricordi della famosa partita giocata al Rastrello di Siena nel 1973?
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Quella fu una partita particolare in cui soprattutto loro si giocavano la stagione, ma la nostra squadra era troppo più forte rispetto alla loro e venimmo promossi noi. Noi eravamo in testa, loro ci tallonavano ed all’andata avevamo vinto 3-1 a Grosseto. Al Rastrello giocammo una bella partita e meritavamo la vittoria, fermo restando che noi il nostro lo avevamo fatto e negli ultimi minuti non venne fischiato un calcio di rigore per un fallo che avevo subito. L’arbitro era Pieri di Genova. Mi sdraiarono davanti al portiere e Carpenetti corse subito a protestare dal direttore di gara che, però, rispose di avere moglie e figli e di voler tornare a casa sano e salvo…>>.

Quel giorno successe il finimondo.
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L’ambiente non era dei più tranquilli e da San Rocco a Pilli venimmo accolti da una serie di cartelli che avevano preparato ad ogni curva: c’erano scritte cose come “Barbana, quando giochi te ride tutta la Toscana” oppure “Facile entrare, difficile uscire”. Ad ogni curva c’era un cartello di questo tenore, ma questo servì soltanto a galvanizzarci ulteriormente. Quella partita è rimasta storica, ha portato con sé un lungo strascico e fu un evento particolarmente increscioso perché si capì che c’era dietro la premeditazione da parte dei tifosi bianconeri. Mi ricordo proprio in occasione di quella partita del 1973 un episodio indimenticabile: quella mattina stavamo mangiando con la squadra in un ristorante che si affacciava sullo stadio e vedevamo chiaramente i tifosi in gradinata che si abbeveravano ad una damigiana dipinta di bianconero. Dal campo, durante il match, vedevamo chiaramente che tiravano mattoni avvolti nella carta come fossero merende. Quel giorno da Grosseto erano stati organizzati molti pullman, eravamo sotto Pasqua e c’erano tante famiglie grossetane a sostenerci. Fu davvero un episodio molto brutto>>.

Alla fine del campionato, il Grosseto fu promosso in Serie C.
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Fu una festa incredibile. Quell’anno avevamo un pubblico molto caldo che ci seguiva ed un paio di volte furono organizzati i treni speciali: una volta per Rapallo o Sestri Levante ed una volta per andare a Lerici. I tifosi ci seguivano sempre con il pullman e vennero anche a Pietrasanta per l’ultima trasferta che sancì la promozione. Quel giorno accadde una cosa che ci fece accapponare la pelle: con la squadra scendemmo in una Piazza Dante stracolma di gente in festa. L’allenatore era Mario Genta, una persona eccezionale di poche parole e molto umano. Eravamo un bel gruppo, siamo rimasti tuttora molto amici. Il calcio unisce tante persone di luoghi e culture diverse, quell’anno legammo molto tra di noi. In quegli anni Grosseto era una delle squadre più invise perché non c’erano strade e ferrovie e le altre squadre non venivano volentieri in trasferta in Maremma>>.

Quell’anno il portiere Fusani siglò anche una rete che non venne convalidata.
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Gli annullarono una rete valida, ne parlarono anche ad una trasmissione televisiva. Aveva recuperato il pallone al limite dell’area e rinviò di piede; il forte vento di tramontana mandò la palla verso l’area avversaria, ci fu un rimbalzo alle spalle del portiere ed entrò in porta. Gol regolarissimo, ma l’arbitro la annullò inspiegabilmente. Già allora si registravano quei torti arbitrali che si vedono tuttora: Camilli sarà quello che sarà, ma certe volte ha ragione ad arrabbiarsi con gli arbitri>>.

Qual è stato il momento più bello della tua carriera in biancorosso?
<<Il momento più bello credo che sia stato proprio il campionato 1972-73 con la partita di Siena. Quel giorno non mi prendeva nessuno e l’allenatore bianconero Grassi fu costretto a cambiare tre volte la marcatura su di me: prima toccò a Vaccari poi ad un altro che non ricordo e, infine, mise lo stopper Fei su di me. Fu proprio Fei ad atterrarmi nell’episodio del rigore negato. Fu una partita particolare in un’annata eccezionale. Un’altra annata molto positiva l’ho vissuta a Pistoia, senza considerare quella vissuta a Bologna. Una domenica vennero i miei genitori e rimasero sopresi dal fatto che i tifosi mi applaudivano anche se non stavo giocando bene, ero benvoluto da tutti>>.

L’immagine del tuo gol al Rastrello è stata utilizzata anche nelle locandine del centenario unionista.
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Senza dubbio si tratta di un bel ricordo che riporta alla mente una stagione indimenticabile. Quella fu la partita della svolta: se avessero vinto ci avrebbero sopravanzato, ma vincemmo noi e prendemmo il largo. Quella rete viene ricordata perché fu una rete importante nella partita più importante della stagione>>.

Segui ancora il Grosseto?
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Lo seguo ancora attraverso i giornali. Dopo la bella vittoria di Pisa, sarebbe stato positivo confermarsi. In casa abbiamo qualche difficoltà a conquistare la vittoria. Non vado allo stadio da qualche anno, l’ultima volta è stata quando abbiamo vinto la Supercoppa di Serie C1 contro il Ravenna, ma seguo ancora il Grosseto. C’è una ragione per cui non vado più allo stadio: qualche anno fa, era un mercoledì e giocavamo in casa, andai allo stadio ed ebbi un problema. Quel giorno uscii di casa ed incontrai l’ex unionista Pierluigi “Piero” Armellini con cui avevo giocato insieme, arrivammo insieme al bar davanti allo stadio e mi separai da lui perché in tribuna inferiore mi aspettavano gli altri ex biancorossi Nilo Palazzoli e Filippo Andretta. Arrivato in tribuna accanto a Nilo, fu un attimo e mi ritrovai per terra. Nilo e Filippo mi soccorsero, poi mi misero sull’ambulanza e venni portato all’ospedale. In seguito dovetti essere operato e da allora non sono più andato allo stadio perché mi dà una sensazione strana. Successivamente morì Palazzoli ed anche quella è stata una cosa non di poco conto per me>>.

Che ricordo hai di Nilo Palazzoli?
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Nilo per me era come un fratello maggiore. Ogni lunedì andavamo a caccia insieme ed anche suo figlio veniva a caccia con me. Eravamo “di casa”, eravamo molto uniti. Stessa cosa con Carlo Zecchini. Ho debuttato con loro in campo>>.

L’ultima domanda è d’obbligo. Cosa hai provato a vedere il Grosseto in serie B?
<<Da ex calciatore unionista e da ex capitano mi si apriva il cuore a vederlo in Serie B. Ero regolarmente abbonato a Sky e seguivo sempre la squadra in televisione: è stata un’emozione bellissima>>.

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Richiamo questa bella intervista di Grosseto Sport/Grosseto Calcio a Vinicio Ciacci, mio coetaneo e amico, appositamente per il nuovo amico telematico maremmanaccio tifosissimo Grifo65 che mi ha chiesto ripetutamente a mo’ di sfida una qualsiasi formazione del Grosseto degli anni passato per testare il mio effettivo grado di tifosità grossetana.
La formazione è quella della partita in casa del Grosseto con il Perugia nel campionato 1964-65 (avevo ahimè nemmeno 18 anni e commentavamo le partite del Grosseto e della grande Inter al bar sport delle quattro strade di Barbanella con il grande amico d’infanzia Roberto Saloni) e così come elencata da Vinicio nell’intervista comprendeva : Palazzoli, Sicurani, Ore, Zecchini, Pazzi, Natteri, Bonari, Ore, Banci, Trovò, e appunto Vinicio Ciacci.
Non so dirti, caro Grifo65, con precisione i ruoli ricoperti da suddetti calciatori né chi fosse il portiere e se il doppio nominativo di Ore sia dovuto a un errore di memoria di Vinicio o di trascrizione del giornalista o addirittura se fossero due gemelli Ore che giocavano in quel Grosseto.
Potresti essere proprio tu a darmi gli opportuni chiarimenti qui su Grosseto Calcio o dopodomani di persona sugli spalti dello Zecchini (mia figlia mi ha regalato per il mio compleanno oltre ai due cani un abbonamento per le partite del Grosseto) con l’augurio di rivedere allo stadio quanto prima anche Vinicio Ciacci.
Cordiali saluti e FORZA GROSSETO!

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